Vicende immobiliari ai tempi del Coronavirus

Vicende immobiliari ai tempi del Coronavirus

Ad attività chiusa il canone di locazione/affitto è ancora dovuto?

Con l’introduzione delle misure straordinarie volte al contenimento dell’epidemia da Covid-19, il Governo ha imposto la sospensione della maggior parte delle attività commerciali e produttive ad eccezione di quelle volte alla produzione ed alla distribuzione di generi di prima necessità.
Corollario dello stato di eccezione provocato dall’introduzione delle citate disposizioni è, dunque, l’insieme delle problematiche che stanno interessando i locali in cui sono esercitate le attività commerciali e produttive sospese, spesso utilizzati dalle imprese in forza di contratti di locazione o di affitto di azienda.
Imprenditori ed artigiani si chiedono, infatti, se il canone di locazione degli immobili e il canone di affitto delle aziende sia comunque dovuto anche nel periodo di chiusura forzata e quali siano le conseguenze del mancato ottemperamento delle obbligazioni contrattuali assunte.
La risposta al quesito, ovviamente, può essere individuata, in primo luogo, nelle previsioni specifiche introdotte in ciascun contratto e, in secondo luogo, nella disciplina generale delle obbligazioni dettata dal codice civile.
Vediamole nel dettaglio.

1. Le clausole esoneranti: cd. forza maggiore.
Come anticipato in premessa, molti contratti possono prevedere specifiche clausole che regolano il verificarsi di eventi di forza maggiore. A tal riguardo, non si può non rilevare che, in assenza di una espressa qualificazione legislativa, ciascun contratto può prevedere quali eventi debbano e possano essere considerati ricomprese nella fattispecie dalla cd. “forza maggiore”.
Vero è che nella maggior parte dei casi, quando si parla di “forza maggiore” si fa riferimento ad eventi imprevisti e straordinari che incidono sulla possibilità delle parti di adempiere alle proprie obbligazioni.
In linea di principio, pertanto, il diffondersi di una epidemia storica e la conseguente adozione di provvedimenti straordinari di contenimento da parte della pubblica autorità potrebbero ben essere ricompresi nel concetto di “forza maggiore” previsto in molti contratti.
Vien da sé, dunque, che, da contratto a contratto, potremo trovarci di fronte a clausole più favorevoli al conduttore, ad esempio nel caso in cui si preveda una sospensione del canone in caso di impossibilità di utilizzo dell’immobile o dell’azienda, ovvero più favorevoli al locatore, nel caso in cui si escluda espressamente una riduzione del canone in simili circostanze.

2. L’impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Nel caso in cui il contratto non preveda espressamente ipotesi di esonero dall’adempimento per ragioni di “forza maggiore”, potrebbe trovare applicazione la disciplina generale della cd. “impossibilità sopravvenuta della prestazione”, dettata dagli articoli 1256 e 1464 cc.
Val bene ricordare che, ricorre “impossibilità sopravvenuta” nel caso in cui la prestazione di una parte diventi in tutto o in parte impossibile, anche solo temporaneamente, per causa non imputabile al debitore.
In ambito immobiliare, dunque, si potrebbe addurre che i provvedimenti straordinari adottati dal Governo, volti al contenimento dell’epidemia da Covid-19, potrebbero generare un’impossibilità temporanea, in quanto l’utilizzo dei beni oggetto del contratto è impedito per un periodo di tempo limitato.
Nel caso dei contratti di affitto di d’azienda o ramo d’azienda, invero, la sospensione forzata dell’attività incide direttamente sulla prestazione principale dell’affittante, che consiste nel mettere a disposizione l’azienda o il ramo d’azienda per l’esercizio di una specifica attività di impresa, la quale diviene in astratto impossibile, proprio in ragione della sospensione forzata.
Per converso, nei contratti di locazione, la prestazione del locatore, consistente nel mettere a disposizione del conduttore l’immobile, non appare direttamente inficiata dai provvedimenti che impongono la chiusura dell’attività commerciale.
Tuttavia, se, in astratto, la lettura delle disposizioni in materia di locazione ci induca ad escludere l’applicabilità dell’istituto in commento, non si può non rilevare come la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che l’impossibilità sopravvenuta può verificarsi non solo nel caso in cui sia diventata impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione da parte del creditore (Cass. Civ. n. 18047/2018; Cass. Civ. n. 26958/2007). Alla stregua delle citate pronunce della Cassazione, dunque, si potrebbe sostenere che l’istituto della cd. “impossibilità sopravvenuta” trovi applicazione anche in relazione ai contratti di locazione, nel caso in cui il conduttore si trovi nell’oggettiva impossibilità di utilizzare l’immobile a causa di provvedimenti pubblici di sospensione dell’attività quali sono le misure straordinarie volte al contenimento dell’epidemia da Covid-19 introdotte dal governo.
Riassumendo è possibile concludere che sia l’affittuario che il conduttore potrebbero invocare l’impossibilità sopravvenuta nel caso in cui la loro attività sia stata sospesa per provvedimento delle autorità.
Pertanto, sia l’affittuario che il conduttore potrebbero richiedere al locatore la riduzione del canone di locazione per il periodo in cui l’attività è rimasta sospesa, ai sensi dell’art. 1464 c.c.

3. L’eccessiva onerosità sopravvenuta.
Un ulteriore istituto giuridico che potrebbe essere invocato al fine di contenere le già menzionate conseguenze dell’emergenza Covid-19 sui contratti di locazione ed affitto di ramo d’azienda è rappresentato dalla cd. “risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta”, disciplinata all’art. 1467 cc. Invero, come già ricordato, la diffusione dell’epidemia potrebbe avere conseguenze negative sull’attività economica, ad esempio riducendo in modo significativo il volume d’affari.
In questo caso, vien da sé che il canone previsto dal contratto potrebbe diventare troppo oneroso per il conduttore/affittuario, il quale potrebbe avere interesse a sciogliere dal contratto stesso.
Al fine di invocare validamente l’eccessiva onerosità sopravvenuta è però necessario verificare che vi sia una significativa e duratura alterazione dell’equilibrio tra il valore delle reciproche prestazioni rispetto a quello esistente al momento della stipula del contratto.
Tale alterazione, inoltre, non deve rientrare nel normale rischio contrattuale.
È necessario, altresì, verificare che le parti non abbiano espressamente escluso il rimedio in esame.
Nel caso sussistano tutti i presupposti previsti dalla legge, da valutare caso per caso, il conduttore potrà avviare un procedimento giudiziale per chiedere la risoluzione del contratto.
Vien da sé che, in caso di risoluzione del contratto, il conduttore/affittuario dovrà restituire l’immobile o l’azienda in conformità alle previsioni contrattuali.
Per converso, il locatore potrà evitare la risoluzione offrendo di rivedere in senso migliorativo le condizioni economiche del contratto.
Una precisazione conclusiva va fatta: l’eccessiva onerosità deve sempre essere accertata in via giudiziale e pertanto non è possibile sospendere in via unilaterale il pagamento del canone, se non in forza di un provvedimento del giudice.

4. Il recesso per gravi motivi.
Per quanto attiene agli immobili ad uso commerciale (solo questi), i conduttori potranno anche prendere in considerazione la possibilità di esercitare il recesso per gravi motivi, disciplinato dall’art. 27 della legge 27 luglio 1978 n. 392 in tema di locazioni.
In forza della citata disposizione, che può essere derogata solo per le locazioni con canone annuo superiore ad Euro 250.000,00, il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Val bene precisare, in questo senso, che la legge non ha fornita un espressa qualificazione dei cd. “gravi motivi” in forza dei quali il conduttore può giustificare il recesso.
A colmare la lacuna dispositiva è intervenuta, come di consueto, la giurisprudenza, la quale individua i cd. “gravi motivi” in fatti non dipendenti dal conduttore, imprevedibili e sopravvenuti nel corso del rapporto di locazione, che rendono la prosecuzione del rapporto eccessivamente gravosa per il conduttore.
Più nello specifico, la Suprema Corte di Cassazione, con un recente assesto, ha ritenuto che i gravi motivi possano essere costituiti anche dalla sopravvenuta crisi economica dell’impresa conduttrice. Inoltre, nel caso in cui l’impresa conduttrice gestisca più rami d’azienda, la situazione di crisi di un solo ramo potrebbe legittimare il recesso dal contratto relativo all’immobile in cui tale ramo svolge la propria attività, anche se l’impresa nel suo complesso non ha difficoltà economiche (Cass. Civ. n. 5803/2019).
Non serve precisare, in conclusione, che alla data di efficacia del recesso, il conduttore dovrà restituire l’immobile al proprietario in conformità alle previsioni del contratto di locazione.

5. L’accordo consensuale di riduzione del canone.
Sempre al fine di mitigare le conseguenze economiche derivanti dalla sospensione forzata delle attività commerciali e produttive merita di essere menzionata l’ipotesi di un accordo consensuale volto alla riduzione del canone.
Invero, la prospettazione di una risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ed il recesso per gravi motivi potrebbero essere utilizzati dal conduttore anche come strumenti negoziali per giungere ad una rinegoziazione del contratto.
In questo caso è opportuno che le pattuizioni condivise consensualmente vengano recepite in un accordo formale, sottoscritto da entrambe le parti, che dovrà essere registrato gratuitamente (ex art. 19, del Decreto Legge n. 133/2014) presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente. Invero, ancorché la registrazione non sia più obbligatoria ai fini della validità dell’accordo, è necessaria per renderlo opponibile all’Amministrazione Finanziaria (cfr. Risoluzione n. 60 del 28 giugno 2010).

Avv. Filippo Angonese

filippo.angonese@acm-legal.com

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